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giovedì 7 marzo 2013

Tra decrescita dolce e decrescita amara


In questi ultimi giorni nel dibattito politico si è introdotto, non troppo furtivamente, un nuovo termine, che porta con sé un certo armamentario concettuale e culturale: la decrescita "dolce", denominata anche come decrescita "felice"


Di questo concetto, pur onorevolmente presente nel contesto internazionale (oltre che in quello nazionale: si veda in Italia il Movimento Decrescita Felice, e Decrescita Felice Social Network), non c'era traccia nel dibattito politico ufficiale italiano.
La situazione è cambiata con l'imposizione elettorale di Beppe Grillo. In verità, anche all'interno del Movimento 5 Stelle, il concetto è stato assorbito in modo confuso (come è accaduto per parecchie contaminazioni culturali operate dai grillini, o meglio, dal loro ideologo Beppe), venendo associato, a seconda dei casi, con l'uscita dalla moneta unica, con il taglio della spesa pubblica, con le tensioni ecologiste, con il "nessuno resti indietro", con un generico attivismo e/o pratagonismo del singolo scevro da meccanismi di mediazione istituzionale (dove "istituzione" finisce per essere spesso assimilata a "mercato").
Ma esattamente di che si tratta?