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mercoledì 12 giugno 2013

La fine del mito del "buco" nei conti pubblici: la "relazione di inizio mandato", tra opportunità e minacce


Con i ballottaggi di domenica 9 e lunedì 10 giugno scorsi si è conclusa (con l'eccezione del ritardo "a statuto speciale" della Sicilia) la tornata elettorale amministrativa.
Si è trattato di una tornata importante, con 719 comuni (l'8,9% del totale degli enti) chiamati alle urne (di cui 528 appartenenti a Regioni a statuto ordinario e 191 a Regioni a statuto speciale). Tra questi, 7 comuni con più di 100 mila abitanti (Roma, Catania, Messina, Brescia, Siracusa, Vicenza e Ancona) e 21 capoluoghi di Provincia (di cui 2 capoluoghi di Regione).
Una tornata elettorale che, al di là di ogni considerazione di ordine politico, segna comunque l'inizio di una nuova era. I 719 nuovi sindaci che, fra qualche giorno, presteranno il loro giuramento, infatti, si troveranno a "fare i conti" con le amministrazioni di cui assumeranno il governo con un approccio del tutto nuovo, imposto dall'articolo 4 bis del D.Lgs 149/2011 (articolo introdotto nel nostro ordinamento dal famoso D.L. 174/2012, ovvero dal decreto sul pre-dissesto).
"Fare i conti con l'amministrazione", si noti, in senso letterale, dal momento che, nel contesto normativo attuale, questa espressione è molto più di un modo di dire.

lunedì 10 giugno 2013

Il 30 giugno ed il pilota automatico per le società pubbliche

Aggiornamento
Il Governo Letta è di recente intervenuto sulla materia, applicando anche a questo ambito il modello di "rinvio" applicato anche ad ulteriori questioni di estremo rilievo (tra tutte, la sospensione dell'IMU sull'abitazione principale).
In particolare, con l'articolo 49 del decreto legge n. 69 del 21 giugno 2013 (il c.d. "Decreto Fare"), il termine del 30 giugno è stato posticipato al 31 dicembre 2014.

Di seguito il testo del provvedimento
Art. 49
(Proroga e differimento termini in materia di spending review)
1. All'articolo 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, lettera b), le parole "30 giugno 2013" sono sostituite dalle seguenti : "31 dicembre 2013" e le parole "a decorrere dal 1° gennaio 2014" sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere dal 1° luglio 2014";
b) al comma 2, le parole: "a decorrere dal 1° gennaio 2014" sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere dal 1° luglio 2014".
2. Il termine di cui all'articolo 9, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135 e' differito al 31 dicembre 2013. Sono fatti salvi gli atti compiuti dagli enti, agenzie ed organismi che hanno proseguito la loro attivita' oltre il predetto termine.
Qualche tempo fa, nell'immediatezza dei risultati delle elezioni politiche di febbraio, Mario Draghi, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se fosse preoccupato per il futuro del paese, nonché il motivo per il quale i mercati non stessero approfittando della situazione di profonda instabilità politica risultante dalle urne, aveva risposta con una espressione paradigmatica: "In Italia ormai c'è il pilota automatico".
Qualcuno ha considerato quella espressione come un semplice motto di spirito, eppure in quelle parole c'è una sintesi profonda del meccanismo normativo, incisivo e preciso, posto in essere dal Governo Monti durante i suoi 18 mesi di attività.
Durante la precedente legislatura, infatti, è stato adottato un modello normativo peculiare e, si potrebbe dire, temporizzato, inserendo nei provvedimenti adottati degli automatismi che, ad orologeria, entrano progressivamente in vigore, esplicando i propri effetti.
Gli esempi sono molti e variamente noti, essendo più volte assunti agli onori della cronaca: l'aumento di un punto percentuale dell'Imposta sul Valore Aggiunto è un esempio noto a tutti; l'aumento ulteriore della pressione fiscale già previsto nel Documento di Programmazione Economico-Finanziaria (Dpef), costituisce un caso, un po' meno conosciuto, anche se evocato  di tanto in tanto nei dibattiti pubblici.
Ma il meccanismo è veramente pervasivo e, spesso, trascurato.
Esso, tra l'altro, riguarda anche le società pubbliche, per le quali il 30 giugno arriverà una scadenza fondamentale, alla quale troppi Enti rischiano di arrivare impreparati, con la conseguenza di soggiacere così ad precisi automatismi difficilmente evitabili.

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venerdì 7 giugno 2013

Società pubbliche: senza "trasparenza" non si può più pagare

Il 14 marzo 2013, il fu Governo Monti ha emanato un Decreto Legislativo, il n. 33, oggi ampiamente in vigore, che ha per oggetto il "riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazione da parte delle pubbliche amministrazioni".
Il provvedimento, corposo, riguarda prima facie solo le pubbliche amministrazioni, gravate da numerosi adempimenti, in parte già presenti (ma dotati di nuova cogenza), in parte del tutto inediti.
Tuttavia, il D.Lgs 22/2013 - secondo un'ormai consolidata prassi normativa (discendente dall'orientamento giuridico che assimila sempre più le società pubbliche a pubbliche amministrazioni tout court), - finisce per impattare anche sulle società partecipate e gli organismi controllati, ed in modo particolarmente incisivo.
Il riferimento va all'articolo 22, rubricato "obblighi di pubblicazione dei dati relativi agli enti pubblici vigilati, e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato".
Ebbene, questo articolo, almeno nell'immediato, rischia di paralizzare le società pubbliche, creando un problema finanziario affatto trascurabile (ovvero, il blocco indiscriminato dei pagamenti).

venerdì 14 dicembre 2012

Torna l'in house


Una nuova puntata dell'infinita storia dei servizi pubblici locali. In un precedente articolo mi ero soffermato sull'articolo 4 del Dl 95/2012 (la Spending Review) che - potenza dei paradossi legislativi - impediva di affidare, in regime di in house providing, la gestione dei servizi pubblici locali, nonostante la recente pronuncia della Corte Costituzionale che invece si era pronunciata nel senso della necessaria ammissibilità di questo modello (Sentenza 199/2012).
Bene. Ora il legislatore, pur se quasi esanime e con un piede sull'uscio delle elezioni, ha approvato, con questione di fiducia, la legge di conversione del del Decreto Crescita 2.0, anche detto Decreto Sviluppo Bis (fuor di metafora il DL 179/2012). Il nuovo testo, non ancora pubblicato in gazzetta, all'articolo 34, comma 27, recita:

mercoledì 21 novembre 2012

Redditest ed Accertamento Sintetico: ecco le novità per la lotta all'evasione


E’ stato svelato dall’Agenzia delle Entrate il funzionamento del tanto atteso «redditest»: il software per l’auto-diagnosi della coerenza fiscale illustrato ieri alle associazioni di categoria e ai professionisti in un incontro riservato e che, da questa mattina, si può scaricare online, dal sito dell’Agenzia delle Entrate, direttamente sul proprio pc senza lasciare alcuna traccia sul web.
Durante l’incontro, inoltre, è stato illustrato il nuovo accertamento sintetico (c.d. nuovo redditometro), che sarà utilizzato dai funzionari dell’Agenzia delle Entrate per i controlli relativi al periodo d’imposta 2009 e successivi.

Il ReddiTest

Il ReddiTest è uno strumento di compliance che serve a orientare il contribuente sulla coerenza tra il reddito del proprio nucleo familiare e le spese sostenute nell’anno.
Per dare inizio al test occorre indicare la composizione della famiglia e il comune di residenza. Vanno poi inserite le spese più significative sostenute dal nucleo familiare durante l’anno. Le voci di spesa sono state aggregate in 7 macro-categorie: abitazione, mezzi di trasporto, assicurazioni e contributi, istruzione, tempo libero e cura della persona, spese varie, investimenti immobiliari e mobiliari netti. Terminata la compilazione, appare un messaggio di coerenza (“semaforo” verde) o di incoerenza (“semaforo” rosso).

giovedì 8 novembre 2012

I servizi pubblici e gli obblighi occulti di privatizzazione



Nel nostro Paese, ormai da molto tempo, si sta consumando una lotta paradossale tra il Legislatore (figura sempre più anonima e non rappresentativa) ed i cittadini: la lotta, per essere chiari ed entrare subito nel merito, tra il Legislatore che, preso da una sacra infatuazione liberista, vuole imporre la privatizzazione dei servizi pubblici locali (leggi: la vendita a privati delle società pubbliche che oggi erogano questi servizi) ed i cittadini che, presi da un altrettanto sacro fuoco del "bene comune", vogliono assolutamente che i servizi pubblici locali (e soprattutto il servizio idrico) siano saldamente e durevolmente affidati alla gestione degli enti pubblici.
Sulla materia del contendere non c'è molto da dire: si tratta di due posizioni che paiono entrambe ideologiche, potendosi piuttosto ritenere che il giusto mezzo andrebbe ricercato nella possibilità delle singole amministrazioni locali (che rappresentano, o dovrebbero, il proprio territorio e la propria comunità) di scegliere come comportarsi, rimanendo la privatizzazione una possibilità, così come una possibilità dovrebbe rimanere quella di mantenere la gestione pubblica (a patto sia quantomeno equivalente dal punto di vista economico).
La storia del conflitto, d'altro canto, è nota e sembrerebbe ormai stabilmente volta alla vittoria del "bene comune": tralasciando i dettagli, nel 2008 la norma interviene imponendo l'affidamento tramite gara ed impedendo gli affidamenti diretti a società totalmente pubbliche; dopo una lunga campagna referendaria, nel 2011 questa norma (il mitico articolo 23 bis) viene abrogata dal voto popolare, spinto dalla preoccupazione per l'acqua pubblica, ma riguardante tutti i servizi pubblici locali; il legislatore interviene nuovamente riproponendo nella sostanza la medesima disciplina previgente al risultato referendario (escludendo, però, il servizio idrico); viene adita la Corte Costituzionale che dichiara incostituzionale il secondo intervento legislativo, violando lo stesso la volontà popolare acclarata nel 2011.
Bene. La partita sembrerebbe chiusa. Ma non è così.

martedì 4 settembre 2012

Spending Review. Consip per tutti: anche gli enti locali devono ricorrere alle convenzioni

Le disposizioni del Dl 95/2012 convertito in legge rafforzano il sistema delle convenzioni Consip e obbligano anche gli enti locali a farvi ricorso per alcune tipologie di beni e servizi. Il quadro è stato ridefinito dall'articolo 1 nella formulazione scaturita dal maxiemendamento. Il comma 3 evidenzia l'obbligatorietà del ricorso a questa procedura in forza di quanto stabilito dalla norma-chiave, individuata nell'articolo 26, comma 3, della legge 488/1999 e dall'articolo 1, comma 499, della legge 296/2006 (recentemente modificato dalla legge 94/2012). Quest'ultima disposizione prevede l'obbligo di adesione alle convenzioni Consip per le amministrazioni statali (tranne scuole e università) e l'obbligo di utilizzo delle convenzioni stipulate dalle centrali regionali da parte del servizio sanitario nazionale.