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giovedì 18 aprile 2013

Il rasoio di Grillo (parente di quello di Occam)

E siamo sempre lì, fermi e immobili ciascuno nel rettangolino di terra su cui si è stato caritatevolmente adagiato  dallo tzunami Grillo il giorno dopo delle elezioni, sperando che succeda qualcosa e che la situazione si sblocchi.
Sul governo la grande corsa sul posto si è consumata: quaranta e passa giorni a parlarsi, vedersi, streamingarsi, e alla fine, com'era prevedibile, niente di fatto.
E allora? Allora, come insegnano le antiche liturgie istituzionali, passiamo ad occuparci d'altro: chissà che così non succeda qualcosa e si sblocchi la madre di tutte le battaglie.
L'altro di cui occuparsi, ovviamente, è l'elezione del Presidente della Repubblica. 
Inizia subito l'articolatissima analisi e, insieme alle elucubrazioni del dott. Sottile di turno, la rosa dei candidati (poi, perchè "rosa"? Non sarebbe più opportuno parlare di "margherita"?) si infittisce di petali: Finocchiaro, D'Alema, Prodi, Rodotà, Grillo, Berlusconi, Bersani, Marini, Fò, Bonino ecc. ecc.
Oh my God... e come si fa a mettersi d'accordo in mezzo a tutte queste ipotesi, ognuna sostenuta da sopraffina analisi politica-sociologica?

lunedì 25 marzo 2013

La direzione del PD ed il paradosso della trasparenza

Il 25 marzo 2013, alle ore 19.00 circa (ovvero poco fa), si è tenuta la Direzione nazionale del Partito Democratico, a poche ore dall'inizio della seconda parte (quella politica) delle consultazioni di Bersani necessarie a portare a termine il mandato "esplorativo" affidatogli dal Presidente Napolitano.
Negli ultimi giorni, Bersani ha incontrato le Parti Sociali, ufficialmente per elaborare e mettere a punto il suo "Programma di Governo", ufficiosamente e nei fatti (visto che non si intravedono modifiche agli "otto punti" varati subito dopo la batosta elettorale) per prendere tempo in attesa di incontrare PDL, Montiani e Grillini.
La partita si era complicata sin da subito e, già nelle prime ore successive all'investitura presidenziale, dentro il partito di Bersani era salita, silenziosa, strisciante, ma pericolosissima una fronda pronta a scavargli la terra sotto i piedi: di fronte all'improbabilità di successo, infatti, i renziani (tramite Delrio) hanno cominciato a spingere per l'alleanza con il PDL e questa cosa non è piaciuta affatto a Bersani che, attraverso il suo fidato portavoce Fassina (sì, signori, i Portavoce mica ce li ha solo Grillo ed il Movimento 5 Stelle...), ha tuonato per l'unità del partito.
Graziano Delrio
Stefano Fassina con Pierluigi Bersani
In mezzo a queste tensioni, e forse per depotenziarle e ri-confermare il mandato del Partito al suo Segretario (ma quante volte bisogna confermarlo 'sto mandato e 'st'appoggio ?!?!), questa sera si è tenuta la Direzione Nazionale che, in ossequio alla trasparenza grillina (anzi, come risposta alle accuse che quotidianamente stillano del Blog del Beppe nazionale) è stata tenuta in religiosa diretta streaming.
Ora, ve lo devo dire: lo streaming è stata una scelta veramente suicida.

venerdì 22 marzo 2013

L'incarico a Bersani e l'importanza della "liturgia della democrazia"

Alla fine, il buon presidente Giorgio ha dato un'incarico per la formazione del Governo. Incarico a Pierluigi Bersani, ovviamente. 
Proclamanti i risultati elettorali, passato il terrore suscitato dallo sconvolgente risultato del Movimento 5 Stelle, superato il primo impasse (l'elezione dei presidenti delle Camere), il Presidente, in due giorni di tour de force, ha completato le necessarie consultazioni, si è preso una mezza giornata di riflessione, e poi, convocato Bersani, ha parlato. 
Il suo discorso è stato molto chiaro. Napolitano, semplificando, dice:

mercoledì 20 marzo 2013

Il MoVimento 5 stelle ed il paradosso del silenzio

Il M5S è nato sull'onda lunga della protesta, auto-designandosi come custode e paladino della democrazia diretta, della partecipazione e della trasparenza. Per tutta la campagna elettorale, non ha fatto altro che andare in streaming, lanciare proclami sui giornali stranieri e rifiutarsi di dialogare con la stampa nazionale. In questo modo, ha utilizzato giornali e Tv in modo strumentale, riuscendo ad avere una copertura mediatica completa, senza tuttavia il "fastidio" di rispondere alle domande.
Ora il M5S è in Parlamento.

domenica 17 marzo 2013

Scomunicati

Succede, certe volte. Tu pensi con la tua testa, e il mainstream della cultura dominante ti esilia, ti esclude, ti marchia con una sentenza di scomunica inappellabile. E' successo tante volte nel passato: è successo a Galileo, è successo a Giordano Bruno. Eppure non succedeva da tanto tempo. Soprattutto in politica.
Sì, qualche tempo fa la Chiesa aveva pronunciato una scomunica latae sententiae contro i "comunisti", ma ultimamente è indubitabile che la scomunica con vada più di moda. 
Eppure questo strumento oggi è riesumato, proprio dal leader (fin ora indiscusso) di quel movimento nato all'insegna del cambiamento, della novità, della democrazia diretta: il Movimento 5 Stelle.

lunedì 11 marzo 2013

Come farsi mettere all'angolo. #BersaniFirmaQui


Diciamolo: stavolta Beppe Grillo ha fatto centro. 
Il Pd lo insegue a partire dal minuto successivo a quello in cui si è avuta contezza del risultato delle elezioni che hanno consegnato al Paese un Parlamento sostanzialmente ingovernabile.
Il buon Bersani si è messo di buzzo buono e, dopo essere apparso parecchio provato e turbato, dopo esser rimasto in silenzio mentre le correnti interne si affannavano a spirare sui giornali (consigliando governissimi con il PDL, oppure accordi basati sulla equa e cencelliana spartizione delle poltre di presidenza di Camera e Senato), alla fine ha deciso come procedere. Eppure gli è andata male.

giovedì 7 marzo 2013

Grillo e l'ombra della violenza nelle strade


Beppe Grillo rilascia una intervista al Times e tra le altre cose, esplicita la sua visione dell'Italia.
The county is divided in two. Those who voted for [the other parties], they're people who don't want to change things. Because they have high pensions. With the crisis, the prices are low. Maybe they have two houses, and you take away their housing tax. We have 18 million pensioners, 4 million state employees, that's 22 million people. Not all of them, but a big part, don't want change because they're surviving. The state is their employer. But the discussion will change, because soon there won't be public salaries or pensions. No money. The big industry is gone. From computing, mechanical, chemical, there's nothing left in this country. The small and medium enterprises were holding on, but they're closing by the thousands.
Il quadro è chiaro: in fondo, sembrerebbe che lui sia contro i pensionati e gli impiegati pubblici. La sua prospettiva di successo? Portare l'Italia allo sfascio e vincere, anzi, stra-vincere, sulla miseria e la povertà degli italiani. Insomma, il Beppe nazionale sa bene che le grida e le sue proposte avveniristiche trovano il loro terreno di coltivazione tra gli outsider, tra quelli che premono giustamente sui confini di un sistema economico ormai troppo chiuso, quelli che sono rimasti bloccati alla base di una "scala mobile sociale" inceppata da troppo tempo.
La conferma è nella sua stessa analisi della vittoria a mani basse ottenuta in Sicilia:
Why did we become the biggest party in Sicily? Not because of me. Because there's no more money.
Tutto ciò lascia perplessi e preoccupati. Così come atterrisce la profezia di Grillo:
If we fail, [Italy] is headed for violence in the streets.
Un'affermazione a doppia lettura: una possibile minaccia, oppure una rassicurazione circa il ruolo di "controllo sociale" che il Movimento a 5 stelle si propone di avere, incanalando la rabbia per evitare che esploda.

domenica 24 febbraio 2013

Nel silenzio


Signori e signore, oggi si vota. È finita. Archiviata la compagna elettorale, il dibattito, un po' gridato, sull'IMU, su MPS, sullo spread ed altre amenità simili, il tutto finisce nelle urne, inondate dalle speranze (molte) degli italiani, ma anche dalle loro illusioni e dalle loro disillusioni.

E alla fine, cosa resta di tanto cianciare?
Certamente, non resterà niente di tutto l'affannoso dibattito sulle alleanze, e non perché non siano importanti  quanto piuttosto perché  con il numero dei seggi alla mano, tutte le analisi e le riflessioni di ieri saranno mere parole scritte sulla sabbia ed ognuno, ma proprio ognuno, si confronterà con la pragmatica necessità di mettere insieme una maggioranza sia alla Camera, sia al Senato.
Certamente, non resterà niente, o quasi, delle mille promesse, della restituzione dell'IMU, delle elargizioni generose al mondo del lavoro, alla scuola, alle imprese ed alla ricerca: tutti fari luminosi che si spegneranno, infrangendosi sul terribile scoglio dei conti pubblici e delle risorse che non ci sono e che, a lungo, non ci saranno.
Tuttavia, qualcosa resterà.